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domenica 5 febbraio 2012

Flessibilità ed investimenti

Due giorni orsono il presidente Monti ha partecipato ad un videoforum su La Repubblica rispondendo alle domande dei lettori. L'articolo che ne riassume i contenuti lo trovate qui: "L'Art. 18? Allontana gli investimenti" mentre il video integrale a questo link.
Tra gli argomenti trattati come si evince dal titolo è nuovamente l'articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori. Grazie al videoforum infatti i lettori hanno potuto finalmente fare una domanda che in tutti questi giorni di dibattiti sull'argomento nessuno tra i vari giornalisti pseudo-economici che scrivono per le varie pseudo-testate nazionali aveva posto al premier ovvero perchè si vuole abolire una tutela importante per i lavoratori quando questo non comporta alcun miglioramento dal punto di vista dell'occupazione (vedi "Flessibilità e disoccupazione"). Non potendo contrastare questa evidenza il premier ha allora ripiegato su un'altra giustificazione ed ha dichiarato testualmente: "sconsiglia investimenti di capitali stranieri ma anche italiani". Ecco quindi trovata una nuova motivazione, la flessibilità del lavoro se non porta più occupazione porta però più investimenti, stranieri ed italiani. Rimane difficile capire come si possa verificare un aumento degli investimenti senza che a questo ne consegua alcun effetto sull'occupazione, ma questo ovviamente dal premieri non viene spiegato, nè tanto meno domandato dagli pseudo-giornalisti presenti in studio.

Vediamo però se effettivamente esiste una relazione tra flessibilità del lavoro ed investimenti. Anche in questo caso ci vengono in aiuto due indici redatti dall'Ocse, il tasso EPS il quale misura la rigidità del mercato del lavoro (più è basso più il lavoro è flessibile) ed i flussi FDI (Foreing Direct Investment) ovvero i flussi di investimenti stranieri in entrata al netto di quelli italiani in uscita in rapporto al prodotto nazionale lordo. Ho così elaborato velocemente due grafici differenti.



Il primo grafico qui sopra riporta le medie dei due indici negli anni dal 1996 fino al 2007 (anno precedente alla crisi), da sinistra a destra si possono vedere i livelli per i vari paesi dal più flessibile (Stati Uniti) al meno flessibile (Turchia). Da questo grafico sono evidenti i casi che contrastano con le affermazioni del premier sulla relazione tra flessibilità ed investimenti. Si può innanzitutto notare come il paese meno flessibile, Turchia, abbia in questi undici anni avuto un afflusso di capitali stranieri superiore a quello più flessibile, Stati Uniti. Il Regno Unito invece nonostante risulti il secondo paese più flessibile ha in questi anni visto un deflusso di investimenti verso l'estero notevole. Altro caso lampante è la differenza tra Irlanda e Svizzera che a parità di flessibilità hanno registrato la prima un afflusso di investimenti estero tra i più alti mentre la seconda un livello di disinvestimento record. La stessa anomalia può essere riscontrata anche nei casi di Ungheria-Giappone e Repubblica Ceca-Finlandia.



Il secondo grafico prende invece in considerazione la variazione che hanno avuto i due indici nel corso degli anni, nello specifico a partire dal 1996 sino al 2007. Allla sinistra del grafico vi sono i paesi che hanno reso più flessibile il mercato del lavoro nel corso degli anni, mentre alla destra i paesi che lo hanno reso più rigido. Nel caso esistesse una relazione tra flessibilità ed investimenti i paesi alla destra dovrebbere essere quelli che hanno visto vedere un afflusso maggiore di investimenti ma così non è, infatti i primi tre paesi che hanno reso maggiormente flessibile il mercato del lavoro (Italia, Germania e Corea) hanno invece visto gli investimenti diminuire. Inoltre al centro del grafico si nota la differenza di flussi di investimento verificatasi in Spagna e Canada nonostante l'indice di flessibilità sia rimasto sostanzialmente stabile. Alla sinistra del grafico vi è poi il caso della Polonia, paese che più di tutti ha irrigidito il mercato del lavoro ed ha comunque visto gli investimenti stranieri crescere.

5 commenti:

  1. Ciao,
    da questa tabella

    http://stats.oecd.org/Index.aspx?DatasetCode=FDI_FLOW_PARTNER

    si evince che gli investimenti in Italia dal 1995 al 2009 sono aumentati.

    Da dove hai preso i dati per fare il secondo grafico ?

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  2. come specificato nel post i valori degli investimenti sono in relazione al pil e non in valori assoluti, i quali sono cresciuti dappertutto ovviamente

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  3. non tornano i conti...
    nel 1995 il PIL era di 947.339 mld e FDI flows by partner country (solo OECD partners) erano 3.506, nel 2009 il PIL è salito a 1.519.702 mld, ma il FDI si è quasi sestuplicato arrivando a 20.709.
    Quindi il PIL è aumentato del 50% circa, ma i Foreign Direct Investment sono cresciuti del 600% circa.
    ciao

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  4. Riccardo mi fa piacere il controllo! ottimo possono sempre esserci errori! però nell'articolo è specificato abbastanza chiaramente che gli investimenti sono in rapporto al pil ed al netto di quelli in uscita... quelli che tu citi sono solo quelli in entrata direi
    Monti nell'articolo parla di investimenti stranieri ed italiani, se la flessibilità incentivasse gli investimenti aumenterebbero quelli stranieri senza che quelli italiani se ne vadano... o comunque aumenterebbero in misura maggiore quelli in entrata piuttosto che quelli in uscita
    i dati testimoniano che questa correlazione che Monti immagina nella realtà non esiste, o se esiste è totalmente ininfluente sul risultato finale dell'economia

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  5. ciao,
    non sono in grado di controllare se ci sono errori, piuttosto cercavo solo di capire le continue baggianate che ci raccontano, ma mi è sfuggito il fatto che gli investimenti erano in rapporto al pil ed al netto di quelli in uscita e non riuscivo a capire il grafico.
    p.s. grazie per i tuoi articoli sempre molto accurati e particolari.

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