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giovedì 5 gennaio 2012

Finanza funzionale e debito pubblico (parte seconda)

La seconda parte della traduzione del breve scritto di Abba P. Lerner "Functional Finance and the Public Debt". Anche in questo caso sono benvenute le correzioni. Seguirà il resto appena pronto.

II.
Nel giudicare le esposizioni degli economisti riguardanti questa materia è difficile distinguere tra il tatto nel limare gli aspetti più sorprendenti della Finanza Funzionale e la mancanza di chiarezza da parte di chi non realizza pienamente le implicazioni contenute nelle proprie formulazioni relativamente ortodosse. Inizialmente ci furono i "pump-primers", secondo i quali il governo avrebbe dovuto semplicemente dare la spinta iniziale all'economia che si sarebbe poi sviluppata autonomamente. Ai nostri giorni sono però rimasti in pochi. Una formula in qualche modo simile fu sviluppata da economisti scandinavi nei termini di alcune serie di cicli di capitale e di bilancio che avrebbero dovuto essere in pareggio non annualmente ma nel lungo periodo. Come la formulazione dei "pump-primers", la loro formulazione è fuorviante in quanto non esiste nessun motivo per sostenere che delle politiche fiscali che realizzino la piena occupazione e prevengano l'inflazione debbano necessariamente pervenire ad un pareggio di bilancio nell'arco di un decennio piuttosto che durante un anno o alla fine di ogni trimestre.

Appena questo fu compreso, la mancanza di una garanzia che nemmeno nel lungo periodo il mantenimento della prosperità avrebbe permesso al bilancio di risultare in pareggio, si ammise che il risultato avrebbe potuto essere un debito pubblico in continuo aumento (se la spesa aggiuntiva fosse stata finanziata da un aumento del debito pubblico e non dalla creazione di nuova moneta). A questo punto due cose avrebbero dovuto essere chiare: primo, che questa possibilità non implica nessun pericolo per la società, non importa quanto grande possa diventare il debito pubblico, fintantochè la Finanza Funzionale avesse mantenuto il livello di domanda aggregata appropriato al prodotto corrente; secondo (anche se molto meno importante), che nel lungo termine esiste una tendenza automatica al pareggio di bilancio in conseguenza all'applicazione della Finanza Funzionale, anche se non viene applicato il principio del pareggio di bilancio. Non importa il livello degli interessi che devono essere pagati sul debito, la tassazione non deve essere applicata a meno che sia necessaria per abbassare il livello di spesa e prevenire l'inflazione. Gli interessi possono essere pagati aumentando il debito.
Fino a quando il pubblico è disponibile a prestare denaro al governo non sussiste alcuna difficoltà, non importa quanti zeri possiamo aggiungere al debito pubblico. Se il pubblico diventasse refrattario nel continuare a prestare denaro esso dovrebbe accumulare o spendere il denaro stesso. Nel caso il pubblico lo accumuli, il governo può creare il denaro necessario a pagare gli interessi e gli altri impegni di spesa, e l'unico effetto sarebbe il possesso di denaro anzichè di titoli di stato da parte del pubblico evitando al governo l'onere del pagamento degli interessi. Nel caso il pubblico lo spenda, questo aumenterebbe il livello di spesa totale annullando la necessità del governo di indebitarsi a questo fine; nel caso il livello di spesa aumentasse troppo, allora sarebbe il momento di aumentare la tassazione per prevenire l'inflazione. I proventi possono poi essere usati per pagare gli interessi o rimborsare il debito pubblico. In ogni caso la Finanza Funzionale prevede una risposta semplice e quasi-automatica.
Ma tutto ciò non fu capito o fu considerato troppo sorprendente o razionale per essere spiegato al pubblico. Invece venne sostenuto, per esempio da Alvin Hansen, che finchè sussiste un rapporto ragionevole tra debito pubblico e prodotto interno, gli interessi sul debito avrebbero potuto essere pagati agevolmente attingendo alla tassazione derivante dall'aumento del prodotto creato dal disavanzo di bilancio stesso.
Questa inutile "arrendevolezza" ha aperto la strada ad una critica estremamente efficace alla Finanza Funzionale. Anche coloro i quali hanno una comprensione chiara del meccanismo attraverso il quale la spesa pubblica durante le fasi di depressione può aumentare il reddito nazionale di varie volte l'aumento della spesa pubblica stessa, e che comprendono perfettamente che il debito pubblico, quando non è nei confronti di altri paesi, non è un onere per la nazione come invece un debito personale verso altri individui grava sull'individuo che lo ha contratto, si sono schierati fermamente contro il "disavanzo di bilancio". E' stato sostenuto che "sarebbe impossibile concepire un programma più adatto ad indebolire sistematicamente il sistema di intrapresa privata ed a provocare la catastrofe finale che il "disavanzo di bilancio"."#2
Queste obiezioni si basano sul fatto che nonostante ogni dollaro speso dal governo possa creare parecchi dollari di reddito nel corso di uno o due anni, gli effetti successivamente spariscono. Da questo ne consegue che se il prodotto interno deve essere mantenuto ad un livello elevato il governo deve aumentare il suo contributo di spesa finchè la spesa privata è insufficiente da sola ad assicurare la piena occupazione. Questo può significare una persistenza continuata del disavanzo di bilancio (anche se non necessariamente ad un tasso crescente); e se, come la formulazione "arrendevole" sostiene, tutta questa spesa è finanziata dal debito, il debito continuerà a crescere finchè il rapporto tra debito e prodotto supererà un livello "ragionevole".
Questo porta al punto cruciale del dibattito. Se gli interessi sul debito devono essere finanziati dalla tassazione (di nuovo una tesi che non viene contrastata dalla formulazione "arrendevole") diverrebbero nel tempo una frazione significativa del reddito nazionale. Il notevole livello di tassazione necessario per raccogliere questa ingente somma di denaro e destinarla al pagamento degli interessi ai detentori di titoli pubblici ridurrebbe il rendimento netto degli investimenti ad un livello tale che gli investitori non sarebbero compensati dal rischio di perdere il proprio capitale, deprimendo così gli investimenti privati. Questo renderebbe necessario un ulteriore disavanzo fiscale da parte del governo per mantenere alto il livello di reddito e di occupazione. Dopodichè una tassazione maggiore sarebbe necessaria per pagare gli interessi sull'ulteriore debito pubblico, fino a che il peso della tassazione diverrebbe tale da rendere gli investimenti non redditizi, e l'economia di intrapresa privata collasserebbe. Le aziende e le società private sarebbero costrette al fallimento dall'insostenibile livello di tassazione, ed il governo sarebbe costretto a nazionalizzare tutta l'industria.
Questa discussione non è nuova. Le identiche calamità, anche se stanno ricevendo oggi molta più attenzione che abitualmente, furono previste quando la prima tassa sul reddito di un centesimo ogni sterlina fu proposta. Tutto ciò rende solamente più importante la valutazione della validità della critica.

#2 Un esempio eccellente di ciò è il convincente articolo di John T. Flynn in Harper's Magazine del Luglio 1942.

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